L'AUTO-GIUDIZIO
Crescita personale / 16/09/19 7:26     A+ | a-

L’AUTO – GIUDIZIO e I PRIMI PASSI PER SUPERARLO



 
Vi siete mai soffermati a pensare agli effetti del giudizio su di sé e alle cause che lo generano?

Che cos’è il giudizio?

Voglio partire dalla definizione giuridica che definisce il giudizio come il parere o la sentenza emessa da colui che detiene l’autorità di giudicare. Per la filosofia il giudizio è un meccanismo cognitivo mentale che associa ad un soggetto un significato. Nell’accezione più generale e comune, il giudizio è la valutazione che si dà, ciò che si pensa di qualcosa o qualcuno.
Albert Einstein diceva: se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.

Il giudizio interiore !

Il giudizio su cui mi voglio soffermare è quello verso noi stessi.
Timothy Gallwey, nel suo famoso libro “Il gioco interiore nel tennis”, definisce Inner Game il gioco interiore che si svolge dentro ad ognuno di noi tra il Sé1 e il Sè2. Parte dal presupposto che dentro ad ogni persona convivono 2 parti che spesso si avversano, giungendo ad un match dove l’avversario più temibile non è quello dall’altra parte della rete ma quello che risiede dentro di noi. Il Sé1 è la nostra parte pensante e giudicante, il Sé2 è la parte che mette in pratica l’azione. Sostiene che l’attività del Sè1 influenza negativamente quella del Sè2; il nostro giudice interiore può con le sue critiche mettere il Sé2 sotto una tale pressione da impedirgli di svolgere anche quello che già sa fare.
Pensate ad un bambino che impara a camminare. Il suo Sé1 non gli sta dicendo come fare per non sbagliare ma è semplicemente il suo Sé2 che apprende dalle immagini che vede (da come vede le altre persone camminare) e mette in campo un istinto nel compiere l’azione.
Anche in età adulta, spesso, le nostre azioni, e quindi le nostre performance, sono negativamente influenzata dal nostro giudice interiore troppo critico ed esigente. Un giudice interiore che tende ad etichettare i nostri comportamenti in giusti o sbagliati, senza però fornirci soluzioni alternative. Questo porta il nostro Sè2 a non esprimere appieno il suo potenziale, il che porta alla inevitabile conseguente sfiducia in se stessi. La sfiducia in noi stessi porta il nostro Sé1 ad essere ancora più critico ed esigente e si innesca così un meccanismo che genera tensione, stress e riduzione delle performance. E’ evidente come il dialogo interno tra Sè1 e Sè2 possa essere altamente nocivo.

Come ridurre l’auto-giudizio?

Il primo passo da compiere è quello di indossare il vestito dell’osservatore. Osservare le nostre azioni con distacco, guardandole per ciò che sono. Sembra banale ma vi sfido a farlo. Osservate ciò che fate semplicemente per quello che è, senza giudicarlo. Facciamo un esempio:
Siete alla terza telefonata con un cliente e non siete ancora riusciti a concludere la vendita. Il vostro Sè1 potrebbe intervenire dicendovi che avete sbagliato a richiamare il cliente così tardi (o così presto), che il tono della telefonata era troppo formale (o informale), che non avete spinto abbastanza sulla promozione (o che l’avete fatto troppo), insomma che davvero avete ancora un sacco di cose da imparare e non riuscirete mai a concludere la vendita se continuate a comportarvi così.
Per interrompere questo meccanismo, il primo passo da compiere è osservare i fatti. Quanto tempo è trascorso tra i contatti, come avete iniziato, condotto e concluso la telefonata, come avete introdotto la promozione e quali parole avete usato? Come avevate compiuto le stesse azioni, e tutte le altre che osservate, nella vostra ultima trattativa conclusa?
Il secondo passo da compiere è quello di immaginare il risultato desiderato; creare nella vostra mente un’istantanea od una sequenza di immagini, il più possibile piene di dettagli realistici, usando tutti i vostri sensi: colori, suoni, odori, sensazioni tattili.
Una volta osservate le vostre azioni, con distacco, immaginate come vorreste che fosse l’esito della prossima telefonata. Createvi un immagine nella mente, il più precisa possibile, della conclusione della telefonata: quali parole userà il cliente per confermarvi l’ordine? Quale emozione proverete? Come gestirete la trasmissione dell’ordine? Quale luce ci sarà nella stanza? Un’immagine vivida, piena di dettagli, del momento in cui raggiungerete il risultato desiderato.
Il terzo passo è ricompiere l’azione. Semplicemente tornare a fare ciò su cui vi eravamo aspramente giudicati.
Facciamo la prossima telefonata, ponendo attenzione alle nostre azioni ma sempre impegnandoci a non giudicare. In particolare se pensiamo che stiamo usando un tono troppo formale, cerchiamo di non giudicarci e di non sforzarci di cambiare. Poniamo l’attenzione ancora una volta alle nostre azioni avendo a mente il risultato che vogliamo raggiungere.
Il quarto passo è quello di tornare ad osservare; osservare le nostre azioni, come sono cambiate, in che modo? Quali diversi effetti hanno prodotto? Quale risultato abbiamo raggiunto? Cercando di innescare un processo di osservazione ed apprendimento perpetuo.
Terminata la telefonata, con calma, osserviamo nuovamente i fatti ed i risultati. Senza cadere nella tentazione del giudizio, mettiamo in relazione i vari fatti accaduti e traiamone insegnamento.
Un processo di cambiamento interiore che vi richiederà impegno e tempo, ma che al tempo stesso vi darà graficazione.

Trasformare il meccanismo depotenziante del giudizio interiore nel meccanismo potenziante del miglioramento continuo, si può!!
 
Autore: Elisabetta Zampiga

 
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